martedì 9 dicembre 2008

Sin City


Nella città più cupa del mondo dei fumetti, una città simile ai peggiori anfratti di Gotham, si aggirano personaggi degni dei mostri creati da Chester Gould. Immaginate l'hard boiled delle novelle alla Spillane (Mike Hammer è il padre letterario di Marv), il contrasto tra il bianco e il nero dell'espressionismo tedesco, che convogliò, neppure troppo lentamente, nel noir americano, immaginate le ossessioni, la voce fuori campo che continua a martellarci fino a rendere la nostra testa un tutt'uno con quella dell'antieroe. Ecco, questa è la ricetta di Sin City fumetto. Ma si potrebbero aggiungere l'uso magistrale delle vignette, l'abilita di creare delle splash-page da antologia e la particolare attenzione che Frank Miller riserva ai dettagli delle sue storie. Fino a qui tutti d'accordo. Sin City film ha, invece, subito diviso il suo pubblico, ma in maniera molto diversa dai comics precedenti. Per lui si fanno discussioni sul cinema e non sull'attinenza. Non parlano soltanto i fan, parlano gli spettatori. Le motivazioni sono due, ben distinguibili: questa è la prima volta che un fumetto viene utilizzato con precisione maniacale come storyboard cinematografico. Le sequenze vengono ricalcate letteralmente dalla pellicola, dalla prima all'ultima. Per realizzare ciò si è utilizzato il greenscreen, attori trasformati in perfette controparti cartacee e Miller che controlla e dirige i lavori con Robert Rodriguez. L'altro fattore importante che fa nascere un acceso dibattito è quanto l'operazione sia rivoluzionaria e se potrà o meno aiutare, trasformare il cinema. Non ho certezze a riguardo. Quello che credo è che l'operazione non è da condiderarsi rivoluzionaria, è soltanto l'attuale approdo di un percorso iniziato con il digitale. Credo anche che gli unici che possono aiutare il cinema siano gli "autori", soltanto loro sapranno dosare e miscelare gli elementi (anche gli effetti digitali) per creare la magia. Però Sin City ha consolidato le teorie con l'azione, ha sdoganato definitivamente i comics dalla serie B, ha investito di significato il lavoro di molti autori e disegnatori, che finalmente vedranno le loro tavole ricreate, quasi materializzate, nelle trasposizioni. Ecco quindi il fulcro centrale, sono le parole che spiegano cosa sta accadendo: Le versioni cinematografiche diverranno perfette riproduzioni. Che io ricordi, al contrario le cose non hanno mai funzionato. I comics tratti dai film in sala, prodotti per amplificarne il successo e per far vendere qualche copia in più alla casa editrice, sembravano vuoti. Non è il caso di Sin City (e spero vivamente che non lo diventi per il futuro Watchmen!) che, anzi, è troppo pieno. Il vero, ed unico difetto della pellicola infatti è il ritmo. Formato da tre albi (Quel bastardo giallo, Un abbuffata di morte, Un duro addio) Sin city ci fa scoprire una cosa importante del noir: i personaggi si somigliavano tra loro! Il genere aveva le sue regole e creava dei modelli comportamentali, dei clichè. Le tre storie hanno lo stesso ritmo e dopo la seconda ci si stanca poichè una sceneggiatura non può permettersi di ripetersi senza sfiancare gli spettatori. I film formati da episodi hanno il vantaggio di variare gli elementi, i colori, le location. Sin city in questo ci affatica, c'è troppa carne al fuoco. La visione alla lunga ci lascia un senso di confusione addosso e il bianco e nero mescola, rendendo la città della perdizione un lungo sogno ad occhi aperti. Non è un miracolo dunque, ma di certo è un buon approdo.

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