mercoledì 21 gennaio 2009

American Splendor


Harvey Peckar vive a Cleveland e fa l'archivista in un ospedale, ha una forte passione per i comics. Dopo l'abbandono della moglie si consola collezionando dischi, in prevalenza jazz. Conosce ad un mercatino dell'usato Bob Crumb e dopo una frequentazione Harvey capisce che non può continuare a sprecare la sua vita. Anche lui vuole scrivere fumetti, e sarà proprio il celebre fumettista ad illustrare le sue prime storie, che sono autobiografiche, sulla vita di tutti i giorni. Ed è proprio grazie a queste che Harvey conosce la proprietaria di un negozio di fumetti del Delaware, Joyce Brabner, e se ne innamora. Certi individui sentono la vita stargli stretta; non sanno come uscirne, credono di avere talento ma poi attendono e la loro esperienza indolente si rivela semplicemente arrogante. Non v'era abilità alcuna a supportarli poichè l'abilità si ricava anche dal sacrificio. Poi ci sono quelli che sanno perfettamente come governare il proprio destino, decidono e vincono. Ma esiste un terzo caso, fortuito, dove l'attitudine si nasconde dietro un aspetto misero, l'atteggiamento da perdente, una testa stempiata che fissa sempre il terreno. Vivere è il loro sacrificio, sanno guardare il mondo ascoltando e quando raccontano ciò che vedono, i normali (veri mostri) devono correre ai ripari. E' il caso di Harvey Peckar uno che ad Halloween, da bambino, si domandava se si potesse essere solo Harvey il vicino invece che Batman o Superman, perchè gli eroi in America sono quelli che sopravvivono al modo di vivere che la nazione impone, a quella ipocrisia raccontata e smontata pezzo per pezzo dai Carver o dai Bukowski. Ed è questo il terreno di Peckar, un terreno fortunato che gli ha permesso di conoscere uno dei più grandi fumettisti underground di sempre: Robert Crumb. Crumb gli illustra le prime storie di American Splendor, nasce qualcosa di nuovo, insolito, che comparirà successivamente in autori come Charles Burns e Daniel Clowes. In questi albi si racconta il piccolo atto quotidiano, sono le tematiche realiste dietro i quadri di Edward Hopper, la cornice. Può uno che disegna fumetti peggio di un bambino dell'asilo divenire un acclamato autore? Si, basta che però si limiti a scrivere. La vita soltanto normale di Peckar viene narrata in questo magnifico lungometraggio che fonde diversi stili (dcumentario, animazione e fiction!) con equilibrio e sobrietà, interpretato da Paul Giamatti (qui alla sua prova migliore!) e Hope Davis e diretto da Shari Springer Berman con Robert Pulcini, la pellicola sfuma verso le opere di Solondz (specie Palindromi o Storytelling!) ma anche American Beauty e l'ovvio Ghost world. Il miglior cinema indipendente lascia il suo spettro ad ogni sequenza ed i dialoghi restano brillanti. Anche quando la vita vera dell'autore interagisce con la finzione si rimane incerti. Per noi poi (a digiuno di American Splendor, sia in versione cartacea che in quella cinematografica!) sembra quasi di assistere ad una operazione stile Borat quando Harvey si infuria al David Letterman show o quando il suo amico Toby Redloff elogia la "Nerd way of life" ad uno show di Mtv, eppure è tutto reale, dalla prima all'ultima sequenza. Un raro esempio di coerenza, un film che andrebbe distribuito, consigliato ed elogiato.

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